È in arrivo l'influenza: come riconoscerla e affrontarla

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Siamo nella stagione in cui arriva l’epidemia influenzale e, se si verifica il contagio, è importante sapere come gestirlo.

L’influenza è una malattia virale ad andamento epidemico e con frequenza stagionale. Il virus influenzale muta di anno in anno e solo la vaccinazione consente una prevenzione efficace. La malattia si manifesta con sintomi specifici che non includono quelli gastroenterici.

L’influenza è una malattia con andamento stagionale che giunge con ondate epidemiche annuali. Si tratta di una malattia infettiva acuta, di origine virale che si trasmette essenzialmente per via aerea. L’influenza è di per sé una malattia autolimitante: un sistema immunitario efficiente è in grado di debellarla in maniera autonoma. Tuttavia, dato che si tratta di un problema di salute che può impegnare l’organismo anche per 10 giorni è importante che, al termine della fase acuta, segua un periodo adeguato di convalescenza. Ciò serve a evitare le cosiddette infezioni opportunistiche, che possono essere a loro volta virali, ma anche batteriche. Le ultime sono le più temibili poiché possono interessare le basse vie respiratorie.

Ogni anno è differente

Anche se spesso si usa il termine influenza per definire qualsiasi malanno di stagione, la malattia vera e propria è causata solo ed esclusivamente dal virus specifico (del genere Orthomyxoviridae). Questo, ogni anno, muta leggermente struttura esterna, così da poter superare le difese immunitarie anche nel caso in cui queste avessero già incontrato il virus influenzale l’anno precedente o, allo stesso modo, fossero già state praticate vaccinazioni antinfluenzali in passato. Proprio questa abilità nel mutare rapidamente è ciò che non consente all’organismo di acquisire una immunità permanente. Ciò che però non cambia sono le manifestazioni della malattia: si presenta sempre con un rapido e consistente rialzo febbrile che può arrivare (e superare) anche i 39 gradi. Questo è accompagnato da mal di testa, dolori muscolari e articolari, lacrimazione oculare e, in un secondo momento, tosse. La tosse è anche l’ultimo sintomo a scomparire e può permanere anche per due o tre settimane dopo avere sfebbrato.

Quando l’influenza colpisce il tuo bambino, devi armarti di pazienza e gestire la situazione facendo ricorso solo ed esclusivamente ai rimedi sintomatici fino alla completa scomparsa di essi. Un'indicazione importante è che al di sotto dei 14 anni è sconsigliato somministrare acido acetilsalicilico.

Non esiste quella intestinale

Quando si parla di influenza, spesso il termine viene usato impropriamente: nella stagione fredda ogni malattia viene indicata come influenza, anche se i virus responsabili sono, in realtà, appartenenti a “famiglie” diverse. A questo proposito è importante sapere che i virus parainfluenzali (per lo più rinovirus), cioè quelli che danno sintomi simili a quelli dell’influenza, di norma esordiscono con mal di gola e raffreddore, febbre meno elevata (tra i 38 e i 39 gradi) e la risoluzione dei sintomi è più rapida. Una nota a parte per quella che viene chiamata “influenza intestinale”; da un punto di vista medico questa definizione non è appropriata dato che i virus che generano sintomi gastroenterici sono essenzialmente rotavirus e quindi anch’essi appartengono a una famiglia molto differente. Questa informazione è importante anche per spiegare come mai, persino a fronte di una vaccinazione correttamente eseguita, è possibile ammalarsi lo stesso: si tratta, semplicemente, di malattie diverse.

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La gestione del bambino malato

Quando la “vittima” dell’influenza è il bambino di casa, è necessario armarsi di pazienza e gestire la situazione facendo ricorso ai rimedi sintomatici fino alla completa scomparsa di essi. Un'indicazione fondamentale è quella relativa alla corretta idratazione del piccolo malato, secondo questo schema: i bambini fino ai due anni di età devono aumentare l’idratazione abituale aggiungendo 500 ml/die di liquidi (in forma di acqua, tisane, succhi di frutta non zuccherati). Dopo i due anni tale integrazione va portata a 1000ml/die. L’utilizzo di soluzioni idratanti a base di sali minerali va suggerito dal pediatra a seconda delle necessità del bambino e potrebbe essere utile in caso di marcata inappetenza che tuttavia, lo ricordiamo, è una condizione normale e molto diffusa.

Quanto deve durare la convalescenza?

Secondo le indicazioni della Società Italiana di Pediatriail termine della fase febbrile non è di per sé sufficiente per poter rimandare il bambino all’interno delle comunità scolastiche o degli asili. Ciò perché a seguito dell’influenza permane un periodo di fragilità immunologica che potrebbe causare nuove infezioni non solo di tipo virale, ma anche batterico. La durata della convalescenza (che comunque anche nei casi più leggeri non dovrebbe essere inferiore ai tre giorni) andrebbe concordata con il curante dopo lo sfebbramento e in seguito a una valutazione dello stato di salute del piccolo.

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